TESTIMONIANZE

Franco Battiato
Franco Venanti
Andrea Cernicchi

RECENSIONI

Vittorio Sgarbi
Eugenio Giannì
Antonio Carlo Ponti
Sabrina Falzone
Serena Carlino
Paolo Levi
Marco Grilli
Elena Gollini
Luciano Cancelloni
Salvatore Russo

ELENA GOLLINI

La pittura, come precisa Merleau-Ponty nel famoso saggio dal titolo “L'occhio e lo spirito” "Risveglia, posta alla sua estrema potenza, un delirio, che è la visione stessa, perché vedere è avere distanza e la pittura estende questo bizzarro possesso a tutti gli aspetti dell'essere, che devono in qualche modo farsi visibili per entrare in lei". La prospettiva del vedere nell'esercizio artistico di Anna Maria Artegiani, è accentuata da una tensione emotiva e mentale nei confronti della realtà, che restituisce le sembianze di un mondo interiore riconoscibile, passato al vaglio di una lenta riflessione, di un pensiero dilatato oltre i confini spazio-temporali delle tele.

Lo scenario rievocato viene riprodotto con connotazioni di modernità, con caratteristiche, che fanno pensare a un tempo presente e attuale, che si richiude in una sorta di sospensione cronologica metafisica, frutto di un'idea compositiva di atemporalità. L'immaginario creativo della pittrice si è formato ed evoluto in ambito impregnato di cultura figurativa, dal quale ha saputo recuperare gli strumenti del fare, legati alle tecniche e alle capacità espressive da esso proposte, approdando a una personale rivisitazione dell'impianto costruttivo, che lascia penetrare all'interno della sintesi narrativa una speciale forza distintiva della raffigurazione, innanzitutto di quella femminile, che predomina nei quadri. La donna viene avvolta nelle fitte trame della metafora in un processo, che genera "quell'inganno" pensando a quanto affermava Picasso, sollecitato dal fenomeno della visione.

La Artegiani semplifica il dialogo instaurato con le cose della dimensione spaziale fenomenica e con quanto abita nel fertile terreno dell'immaginazione, cercando strade e meccanismi diretti e utilizzando un linguaggio comunicativo immediato e privo di barriere, avulso dall'annosa diatriba tra figurazione e astrazione. La rappresentazione acquista uno specifico e preciso valore: è la misura di uno spiraglio attraverso il quale uscire dalla "palude" del facile qualunquismo, che assedia l'arte dei nostri giorni, prendendo le distanze da una rivisitazione, che produce messaggi e significati ibridi e fraintendibili. La superficie delle opere funge da filtro sensibile e recettivo nel quale i soggetti si muovono, assumono corpo e volume, si animano di essenza, di un'aura magica sostanziale concreta, per condensare e ravvivare la condizione emozionale d'insieme.

È una pittura che induce a entrare nel variegato codice pittorico, a scendere nelle atmosfere pervase da intensa liricità, denso pathos emotivo e riferimenti di richiamo a principi filosofici esistenziali, a proiezioni simbologiche misteriose e intriganti. L'autrice va oltre la sintesi del dettato formale e delinea una nuova qualità etica del pensiero, capace di non naufragare nell'immenso mare caotico della nostra epoca. Scriveva Kokoschka "Non ci dobbiamo perdere d'animo. Il compito principale, che ci sta di fronte è quello di distinguere tra il pensiero e la mera funzionalità, che disumanizza". Su questa scia concettuale si colloca il modo di fare arte e concepire l'arte dell'Artegiani.